Alla prima collettiva di rilievo, all'Accademia di Belle
Arti di Napoli, Piero Golia espose un coniglio (giugno 1997). Per dare
un tocco di innovazione tecnologica alla sua trovata artistica, quel Peter
Pan dell'arte contemporanea sistemò due piccoli altoparlanti vicino al
contenitore del coniglio. Le casse riproducevano una registrazione: Piero Golia
chiedeva disperatamente di uscire da lì, parlando al posto del coniglio. Aveva
registrato la propria voce per fare le veci del coniglio, come si
dice
in gergo burocratico. L'artista si identificava nel coniglio, era lui
che si agitava dal contenitore plastico chiedendo di uscire.
E l'artista, a sua volta chi era? Il coniglio?!?
L'opera di Piero Golia si apriva ad un caleidoscopio di interpretazioni...
Quello sì che si poteva definire vero coraggio controrivoluzionario...
L'opera di Piero Golia si apriva ad un caleidoscopio di interpretazioni...
Quello sì che si poteva definire vero coraggio controrivoluzionario...
Francamente quella creazione era di una
banalità sconcertante. In particolare, la registrazione dispensava una noia
inossidabile: dopo due ore che andava avanti, gli fu chiesto di spegnerla
perché era troppo fastidiosa.
Uomo che ride... esposto con quel coniglio di Piero Golia |
Quando venne il direttore dell'Accademia, Gianni Pisani, dopo aver pontificato: “...abbiamo anche un Bacon napoletano...” riferendosi al mio quadro Max Mauro da vecchio... (Bacon, a me?!?), si complimentò con Piero Golia per tutto l'ambaradan della sua opera, “coniglio + altoparlanti” = NOIA, aggiungendo, però, che gli animali non potevano essere esposti. Non lì.
Quest'ultima osservazione fu la cosa più sensata che avessi ascoltato quel giorno.
Nessun commento:
Posta un commento